Sulla falsa coscienza (3). Per una politica della lucidità

El Greco, Veduta di Toledo (1610)
Con questo post termino la mia analisi della nozione di falsa coscienza o meglio, porto a termine l'esposizione di una possibile riappropriazione (di sapore althusseriano) di tale nozione (questa esposizione è iniziata qui e proseguita qui). La falsa coscienza qui non indica la privazione di un sapere che altri possono possedere e che dunque lo stesso soggetto in falsa coscienza può ottenere uscendo così da quella condizione. Il sapere precluso dalla falsa coscienza è inattingibile: per questo la falsa coscienza indica una divisione della soggettività. Questo sapere inattingibile è il sapere esperienziale del proprio condizionamento sociale e dunque dello sfruttamento subito. Questo vuol dire che non possiamo riconoscere nella nostra esperienza quel condizionamento e quello sfruttamento, non che non ne subiamo, viviamo e sentiamo gli effetti. A questi due "oggetti" è comunque possibile accedere attraverso un'altra forma di sapere che, se non produce quell'immaginario "rischiaramento" che dovrebbe permettere di superare la falsa coscienza, rende invece possibile una prassi politica che lucidamente tenti di combattere quello sfruttamento e di fare sì che la società che ci condiziona sia più giusta.


Video 1: Il non sapere di cui è affetta la falsa coscienza
Qui riprendo le tesi avanzate negli altri due post, sviluppandone alcune delle implicazioni teoriche e individuando le due questioni che devono essere affrontate nel post presente. La prima riguarda la differenza tra due forme di sapere: il sapere che è un riconoscere quel che si vive ed esperisce e il sapere che dipende da un'elaborazione teorica (senza per questo essere un sapere a priori o addirittura un mero "teorizzare" non comprovato empiricamente). La condizione di falsa coscienza è definita da un non sapere (e un non poter sapere) del proprio condizionamento sociale e dello sfruttamento subito, nel primo senso di sapere: una soggettività può ben acquisire un sapere del secondo tipo a proposito del suo sfruttamento, ma questo secondo sapere non la fa uscire dalla falsa coscienza, non ingenera cioè quel sollevamento della consapevolezza grazie a cui altri tipi di condizionamento possono essere effettivamente padroneggiati. La seconda questione riguarda le possibilità pratiche che si aprono quando la soggettività, che non può riconoscere esperienzialmente lo sfruttamento che subisce, lo identifica come tale grazie a quell'altro sapere.

Video 2: Sul tipo di sapere che è escluso dalla condizione di falsa coscienza
Qui comincio a trattare la prima delle due questioni enunciate nel video precedente, quella riguardante la differenza tra il sapere che alla falsa coscienza è precluso e il sapere cui invece può accedere. Accenno anche alla differenza tra questa distinzione e la celebre distinzione kantiana tra quel che è conoscibile e quel che è solo pensabile: la distinzione che sto mobilitando io è tra due forme di conoscenza; non solo, è tra due forme di conoscenza empirica (non corrisponde cioè alla distinzione tra conoscenza empirica e conoscenza a priori). Sebbene nel video non formuli il punto in questo modo, potrei dire che si tratta della differenza tra conoscenza scientifica e conoscenza pratico-esperienziale, tra la conoscenza metodologicamente organizzata e che richiede l'elaborazione di un quadro teorico e la conoscenza di cui dà prova il cosiddetto "uomo d'esperienza". Nel video insisto in particolare sulla differenza tra le due conoscenze che emerge se si osserva il diverso modo in cui sono integrate dal soggetto nel suo bagaglio di sapere: solo nel caso della conoscenza pratico-esperienziale l'integrazione corrisponde a un innalzamento della coscienza-consapevolezza. 

Video 3: Non c'è riconoscimento esperienziale dello sfruttamento capitalistico
Commentando una serie di esempi, arrivo a illustrare la tesi seguente: lo sfruttamento capitalistico, di cui ovviamente si vivono ed esperiscono gli effetti, non è qualcosa di cui si possa dare riconoscimento esperienziale. Occorre una certa teoria per identificare in quegli effetti l'operare di questa causa. In quanto sistema, il capitalismo non opera come un soggetto che agisce, bensì essendo il modo in cui si organizza la produzione sociale in generale. Al termine del video accenno un paragone tra l'oggetto teorico in cui consiste il capitalismo e quell'altro oggetto teorico che è il cambiamento climatico.


 
Video 4: Cosa intendo per oggetto di un'esperienza possibile?
Qui introduco due precisazioni, la prima riguarda quello che ho chiamato un oggetto teorico e consiste nel dire che non è un oggetto solo possibile: è un oggetto ben reale, solo che può essere identificato solo grazie a una teoria e dunque applicando i concetti tecnici di cui è intessuta. La seconda riguarda quello che ho chiamato l'oggetto o il termine di un'esperienza possibile: preciso che non è necessariamente un oggetto percepibile, cioè che non è il suo essere percepibile che lo rende esperibile. Piuttosto, il punto è che fa parte del nostro mondo pratico-vitale, per cui lo possiamo raggiungere appoggiandoci alla rete di significati e atteggiamenti grazie a cui ci muoviamo in quel mondo.



Video 5: Il sapere dell'esperienza e la sua possibile trasformazione
Avendo detto che vi sono oggetti, come lo sfruttamento quale lo definisce la teoria marxista, che pur avendo effetti sul soggetto e la sua esperienza, non possono essere riconosciuti a livello di quest'ultima e avendo aggiunto che è proprio in ciò che consiste la falsa coscienza, che dunque è una divisione strutturale della soggettività, qui approfondisco la natura del sapere dell'esperienza. Mi soffermo in particolare su due delle sue caratteristiche: la prima è il suo realizzarsi nel riconoscimento di quanto si offre nell'esperienza, che siano oggetti, persone, situazioni; è un riconoscere che accade in un regime di evidenza, ossia, quel che è riconosciuto è immediatamente riconosciuto, si sa già come classificarlo e come avervi a che fare. La seconda è data dal modo particolare in cui l'esperienza può essere soggetta a trasformazione: ciò accade quando cambia il quadro esperienziale e allora tutti i fenomeni noti prendono nuovi significati e vengono vissuti e incontrati diversamente. (Per illustrare il cambio del quadro esperienziale cito il cambio gestaltico che può accadere a livello percettivo e faccio riferimento alla celebre figura in cui è possibile vedere o la testa di un coniglio o quella di una papera, ma non entrambe. Riporto qui sotto questa immagine).
 
Una papera o un coniglio?


 
Video 6: Lo sguardo teorico-scientifico non ci chiede di riconoscerci in esso
Se la falsa coscienza ci preclude la possibilità di accedere al condizionamento sociale che subiamo attraverso una trasformazione dei nostri quadri esperienziale e dunque attraverso un elevamento della coscienza, questo non significa che quel condizionamento sia inconoscibile: è il possibile oggetto di una conoscenza di natura diversa, la conoscenza teorico-scientifica. Quest'altro sapere non ci chiede di riconoscerlo valido riconoscendoci nella prospettiva che apre, ci chiede piuttosto di esaminarlo lucidamente e, in caso, di assentire. Se lo accettiamo e integriamo, ci arricchisce, ma non attraverso un rischiaramento della coscienza.




Video 7: Una politica della lucidità, non del rischiaramento
In questo video tiro le conclusioni di tutta l'analisi affrontando la seconda delle due questioni isolate nel primo video di questo post, quella sulle conseguenze pratico-politiche del venire a sapere dello sfruttamento che si subisce - sebbene tale venire a sapere non si configuri come un rischiaramento della coscienza che fa superare quella divisione soggettiva che è la falsa coscienza. La politica della lucidità è una politica che non pretende di superare la divisione soggettiva, ma che lotta contro lo sfruttamento identificato dalla teoria. Ancor più in generale, è una politica che lotta per modificare quel che c'è di ingiusto nel condizionamento sociale che subiamo, senza pretendere di farlo grazie a una presa di coscienza di tale condizionamento e dunque grazie a un suo presunto superamento esperienziale.
(Al minuto 2'33'' c'è un errore da correggere: dico "non fa una lotta all'autocoscienza" invece che "non fa una lotta alla falsa coscienza")

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