L'inizio delle "Ricerche filosofiche" di Wittgenstein


Questo post è una lezione (in cinque video) sul primo paragrafo delle Ricerche filosofiche di Ludwig Wittgenstein (1889-1951) e su alcuni testi e problematiche che vi sono connessi. In particolare, cerco di illustrare la natura dell'attività filosofica di Wittgenstein esaminando una sua esemplificazione eccellente.
      Wittgenstein, sulla cui singolarità come pensatore mi sono già soffermato altrove (qui), non elabora teorie, ma innanzituttto ci aiuta a liberarci da quelle immagini di fondo che condizionano le nostre teorizzazioni e ci portano a non riconoscere la complessità dei fenomeni che abbiamo davanti, in particolare il modo in cui abitiamo il linguaggio (e il mondo) e impieghiamo le parole. Questa attività terapeutica richiede di seguire la nostra mente nel suo avvilupparsi intorno a quelle immagini, offrendole una dieta di esempi capace di emanciparla dall'incanto che tali immagini esercitano. Talvolta questa emancipazione accade come un'illuminazione improvvisa causata dal fatto che Wittgenstein pone la domanda spiazzante al momento giusto: nel primo paragrafo delle Ricerche troviamo esattamente qualcosa del genere. E anche nelle prime pagine del Libro blu, che commento alla fine.
        L'immagine del linguaggio qui in questione è quella per cui esso sarebbe un insieme di nomi di cose, di nomi che stanno per cose. Padroneggiare il linguaggio sarebbe sapere qual è la cosa denominata da un nome o qual è il nome di una certa cosa. Tanto l'istituzione del linguaggio, quanto il suo apprendimento avrebbero al centro le definizioni ostensive, cioè quegli atti in cui si indica qualcosa e poi si dice il suo nome (in un caso per battezzare la cosa, nell'altro per informare il bambino sulle convenzioni cui ci atteniamo noi adulti). Wittgenstein, quasi prendendoci per mano, ci porta a riconoscere (e dunque a vedere di nuovo) che il gioco linguistico della definizione ostensiva, che ovviamente esiste, presuppone che già si abiti il linguaggio e dunque non costituisce affatto il fondamento del rapporto tra il linguaggio e il mondo. D'altronde, la competenza linguistica è un sapere ben più complesso: è un saperci fare con la varietà degli impieghi delle parole.  


Video 1: Leggere l'inizio delle Ricerche filosofiche
Qui presento alcune osservazioni di carattere testuale per introdurre la lettura del primo paragrafo delle Ricerche filosofiche: la posta in gioco è capire che tipo di attività sia la pratica filosofica wittgensteiniana. Ad esempio, anche se le Ricerche cominciano con una citazione di Sant'Agostino, Wittgenstein non pensa attraverso un confronto coi classici della filosofia.
(Nel video, faccio un errore intorno al terzo minuto: dico che i Quaderni che precedono il Tractatus sono del 1919, in realtà sono stati scritti tra il 1914 e il 1916)

Video 2: Il linguaggio come insieme di nomi che stanno per cose
Qui inizia la lettura e il commento del primo paragrafo delle Ricerche filosofiche. Innanzitutto, spiego in cosa consiste quell'immagine del linguaggio da cui, secondoWittgenstein, siamo tutti stregati e che si ritrova anche in una pagina delle Confessioni di Sant'Agostino (che riporto qui sotto in due traduzioni), cioè l'immagine per cui il linguaggio è fatto di nomi che stanno per cose. In secondo luogo, mostro la prima mossa con cui Wittgenstein ci conduce a liberarci da questa immagine e la commento illustrando quello che lui chiamava il dogmatismo tipico in filosofia e che ha a che fare con una troppo ristretta dieta di esempi.


Il passo delle Confessioni di Sant'Agostino, citato da Wittgenstein, in due traduzioni


Agostino di Ippona, Confessioni, I, 8 (13), traduzione di Gioacchino Chiarini (Fondazione Lorenzo Valla)


Il primo paragrafo delle Ricerche filosofiche di Wittgenstein(nella traduzione di Mario Trinchero, Einaudi)




Video 3: Riscoprire l'evidenza: parole con impieghi molto diversi
Qui termino la lettura e il commento del primo paragrafo delle Ricerche filosofiche analizzando la parte più importante e geniale. Attraverso la scenetta del fruttivendolo, Wittgenstein ci porta a quell'illuminazione che ci libera all'improvviso dall'immagine del linguaggio come insieme di nomi di cose, l'immagine che ci incantava e non ci lasciava riconoscere che impieghiamo le parole in modi molto vari e non solo per denominare. Ma se tanti sono gli usi delle parole, allora la comprensione del linguaggio non si riduce a sapere per quali cose le parole stanno, nè la competenza linguistica si riduce alla conoscenza di una nomenclatura. 


Video 4: I presupposti di una definizione ostensiva
Uno dei nuclei del primo paragrafo delle Ricerche filosofiche viene sviluppato nei paragrafi 26 e seguenti (li riporto qui di seguito): in queste osservazioni, Wittgestein riprende la sua critica delle definizioni ostensive. Non nega che esista il gioco linguistico dell'indicare e del definire attraverso ostensioni, ma mostra che tale gioco presuppone la padronanza del linguaggio e dunque non costituisce il nucleo elementare a cui tale padronanza si può ridurre. Detto altrimenti, alla base del fatto che con il linguaggio parliamo del mondo, non c'è una sequenza di atti elementari di ostensione attraverso cui le singole parole sono collegate alle cose: è solo perchè già padroneggiamo il linguaggio che sappiamo isolare una cosa e battezzarla con un nome.

I paragrafi delle Ricerche filosofiche di Wittgenstein dedicati alle "definizioni ostensive"(nella traduzione di Mario Trinchero, Einaudi)




Video 5: Per usare un segno non occorre un'interpretazione
Qui leggo e commento l'inizio del "Libro blu" (1933-34) di Wittgenstein, dove sono anticipati alcuni dei temi delle prime pagine delle "Ricerche filosofiche", in particolare la critica delle definizioni ostensive e dell'idea che la comprensione del significato di una parola sia uno stato mentale che deve accompagnare l'uso competente di quella parola.




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