È possibile sapere, ma per caso? Il problema di Gettier

Gaetano Previati, La ferrovia del Pacifico, 1914-16

Questo post è dedicato a uno dei problemi più noti e discussi in filosofia analitica, in particolare in quella branca della filosofia analitica che è l'epistemology o filosofia della conoscenza, si tratta del cosiddetto Gettier Problem o Problema di Gettier.
Questo problema trae origine da un brevissimo articolo pubblicato nel 1963 da un giovane e allora sconosciuto professore dell'università di Detroit, Edmund Gettier. Tale articolo si intitola: Is Justified True Belief Knowldege? (La credenza vera giustificata è conoscenza?) e lo riporto qui sotto nella traduzione italiana. In esso viene contestata l'idea che il concetto di conoscenza sia analizzabile nei termini di una credenza vera e giustificata. Poichè questa idea era abbastanza diffusa nell'ambito dell'epistemologia analitica (e secondo gli epistemologi analitici anche al di fuori di tale ambito: molti dicono che Platone stesso l'avrebbe condivisa), la contestazione di Gettier ha generato un terremoto cui sono seguite le risposte più varie: all'inizio qualcuno ha cercato di far vedere che l'obiezione di Gettier non è valida, ma ben presto si è piuttosto cercato di ristrutturare l'analisi tradizionale per renderla capace di superare la valida critica di Gettier, infine, in molti hanno cominciato a prendere strade ancora diverse, abbandonando del tutto il progetto di fornire un'analisi concettuale della nozione di conoscenza. Ad ogni modo, il Gettier Problem non è stato e non è importante solo per la riflessione su quella nozione, ma ha anche rilanciato il dibattito sulla natura di una giustificazione epistemica. Davvero dunque è legimmito dire che è all'origine di alcuni dei dibattiti e delle prospettive di ricerca più importanti nella filosofia analitica della conoscenza. 
Oltre che illustrare l'obiezione di Gettier, in questo post colgo anche l'occasione per offrire alcune osservazioni introduttive alla filosofia analitica in generale: si tratta di uno stile filosofico oggi molto diffuso, soprattutto, ma non solo, nei paesi di lingua inglese ed è dunque molto importante avere qualche familiarità con esso, familiarità che spesso non si produce sia a causa del tecnicismo di questo tipo di filosofia, sia a causa dell'apparente banalità o scarso interesse delle questioni su cui si impegna. Per sfatare questo pregiudizio, mi è parsa una buona idea, una volta chiarito il Problema di Gettier per come si presenta, da un lato nella sua tecnicità, dall'altro nella sua apparente banalità, cercare infine di mostrare il suo nucleo speculativo, cioè la questione nodale che vi si agita e che non può lasciare indifferente nessun cultore della filosofia: si tratta di mostrare come la conoscenza e il sapere non dipendano da un caso fortuito. Per usare l'immagine che uso alla fine, si tratta di mostrare che quella relazione tra un soggetto e una verità che è il conoscere quella verità da parte di quel soggetto non possa essere una relazione che dipende da un caso. Non può essere per un colpo di fortuna che chi sa che p si trovi nella verità riguardo a p

Edmund Lee Gettier III, nato a Baltimora il 31 ottobre 1927



Video 1: La filosofia analitica e il problema di Gettier
In questo video introduco il Gettier Problem e sviluppo anche alcune considerazioni più generali sulla filosofia analitica. Inoltre spiego che cos’era la filosofia dell’analisi, il programma di ricerca con cui Gettier entra in dialogo proponendo i suoi controesempi a una celebre analisi del concetto di conoscenza.



Video 2: L'obiezione di Gettier all'analisi "tradizionale" del concetto di conoscenza
In questo video illustro l'obiezione che Gettier muove all'analisi del concetto di conoscenza in termini di credenza vera e giustificata. La sua obiezione si fonda su due controesempi che sono più esattamente degli esperimenti mentali: oltre che spiegare il principale tra i due, chiarisco anche che cos'è un esperimentio mentale.
(L'autore di Ragioni e persone che evoco a un certo punto, ma di cui non dico il nome è Derek Parfit).



Video 3: Il nucleo del Problema di Gettier: il rapporto tra il sapere e il caso fortuito
Al di là degli esempi inventati da Gettier, il problema che pone il suo articolo è profondo e importante. Posto che, se so che p, allora la mia credenza giustificata che p non può essere vera per caso, si tratta di mostrare come, nel sapere che p, la verità possa non darsi per caso. Questo è il nucleo del Gettier Problem. Nel video accenno anche a una delle strategie di risposta più promettenti, tra quelle che non hanno messo in questione l'interesse di un'analisi del concetto di conoscenza.




Il celebre articolo di Gettier del 1963, nella traduzione italiana di A. Parodi

Commenti

  1. Caro Francesco,
    scusami se ti rispondo dopo undici mesi, ma non avevo visto il tuo commento e quando il nostro comune amico me lo ha segnalato, mi pare a novembre, ero immerso in un lavoro per cui ho rimandato ancora, fino a dimenticarmene. E a dimenticarmi anche del blog, che ho lasciato lì per quasi altrettanto tempo.
    Il tuo commento mi pare contenga più che una domanda o una obiezione, uno schizzo di teoria epistemologica. Non è facile replicare perché in molti passaggi potrei non averti capito, tuttavia, mi pare di intuire le linee portanti della tua prospettiva.
    L'aspetto che mi interessa di più è la tua riappropriazione dell'idea wittgensteiniana della grammatica come alveo del fiume. Da wittgensteiniano tu dici giustamente che quei "postulati" sono ritirati dal gioco della discussione e dunque della possibile falsificazione. In questo senso, non segui Quine, per cui anche i principi più alti possono venire messi in questione nel confronto con l'esperienza, sebbene certo non allo stesso modo di una ipotesi empirica di basso livello.
    Sono questioni su cui ho ragionato molto anche io, ma ora non sono capace di sintetizzare in poche righe quel che ne penso. Inizierei comunque a osservare questo: che vi siano principi che sono ritirati dalla discussione è plausibile, ma solo se tale condizione non è tematizzata. Voglio dire che se incontriamo una cultura che non li condivide e per questo siamo indotti a portare l'attenzione su questi principi, a tematizzarli, allora poi non possiamo giustificarli dicendo, à la Wittgenstein, "qui da noi è così". Forse saremo in imbarazzo, non sapremo bene da che parte cominciare, ma non potremo rinviare alla nostra forma di vita e alla nostra esistenza. Perchè? Perlomeno perchè la nostra forma di vita valorizza il gioco della ragione, ma anche perchè quel gioco è più che un gioco che una forma di vita valorizza, ma che avrebbe potuto non essere valorizzato.
    Ad ogni modo, il punto è delicato perchè davvero non è facile immaginare che cosa potrebbe significare dover giustificare quei postulati che tu poni al vertice del cono, quelli che Wittgenstein pone nello "sfondo".
    Secondo me, anche se ora è un po' vecchio, su questi temi è ancora molto interessante il libro di Perissinotto dedicato a "Della Certezza".
    Grazie per la qualità dell'attenzione che dedichi o hai dedicato a questo blog e buon lavoro.

    Riccardo

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