Sulla verità (1) - come tema di interrogazione filosofica

Cesare Ripa, Iconologia, "Verità"

Con questo post comincio a presentare delle osservazioni riguardanti alcuni dei modi in cui i filosofi hanno riflettuto sul tema della verità. In effetti, non esiste un approccio che si sia imposto come quello che va senz'altro seguito per ragionare sulla verità, ma questa circostanza, piuttosto che dimostrare il disordine o l'inefficacia della pratica filosofia, rivela quanto complesso e sfaccettato sia il tema della verità.
In questo video, prendo le mosse dalla domanda che Ponzio Pilato formula durante l'interrogatorio di Gesù, cioè: "Che cos'è la verità?" (Τί ἐστιν ἀλήθεια;  Quid est veritas?). Più precisamente, prendo le mosse e ragiono sul rinvio a questo passo del Vangelo di Giovanni (18, 38 - lo riporto sotto) da parte di tre filosofi: Karl Otto Apel (in una intervista degli anni Ottanta che si può vedere qui), Friedrich Nietzsche (nel capitolo 46 de L'Anticristo, che riporto sotto) e John Langshaw Austin (all'inizio del saggio del 1950: Truth, inizio che riporto sotto). 
Per prepararmi a considerare, in uno dei prossimi post, alcune delle osservazioni che Austin e altri filosofi analitici hanno avanzato riguardo al modo in cui usiamo il predicato "è vero", alla fine di questo video accenno anche a un paragone tra l'approccio di Austin e quello che ha portato Michel Foucault ad accostarsi alla questione della verità prendendo la via che passa per la nozione di "regime di verità" (sotto riporto anche la pagina dell'intervista del 1976 di cui cito alcune righe).

Questo primo video potrà apparire ad alcuni eccessivamente preliminare, cioè tale da trattenersi ancora troppo lontano dal cuore delle questioni. In parte è vero e in parte no. Per riconoscere queste due parti, la strada che indico passa per la rappresentazione della verità elaborata da Cesare Ripa nella sua iconologia. Ma non solo per il commento dello stesso Ripa: "Fanciulla ignuda, con alcuni veli bianchi d'intorno, per dimostrare, che essa deve essere ricoperta, e adornata in modo, con le parole, che non si levi l'apparenza del corpo suo bello, e delicato, e di se stesso, più, che d'ogni altra cosa, si adorna, e si arrichisce", bensì per la possibilità che questa rappresentazione della verità come una donna offre di usare, quale commento, le profonde parole con cui Nietzsche apre Al di là del bene e del male: "Posto che la verità sia una donna –, e perché no? non è forse fondato il sospetto che tutti i filosofi, in quanto furono dogmatici, s’intendevano poco di donne? che la terribile serietà, la sgraziata invadenza con cui essi, fino a oggi, erano soliti accostarsi alla verità, costituivano dei mezzi maldestri e inopportuni per guadagnarsi appunto i favori di una donna? – certo è che essa non si è lasciata sedurre – e oggi ogni specie di dogmatica se ne sta lì in attitudine mesta e scoraggiata". La dogmatica invadente e sgraziata da cui vorrei sottrarmi qui è soprattutto quella che caratterizza quelle impostazioni della riflessione sulla verità che si presentano e si vorrebbero come del tutto naturali e ovvie.



Nel video cito anche una seconda pagina di Austin, si tratta della fine del saggio "Pretending" del 1958: riporto in fondo anche questa pagina.




Di questo saggio di Austin, come di quello citato qui sotto (Truth) esiste una traduzuione italiana nel volume, cui ora non ho modo di accedere: Saggi filosofici, Guerini e Associati.



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